
presentazione libro “IL VAMPIRO DI VANCHIGLIA” – Circolo dei Lettori TORINO. mercoledì 12 febbraio – ore 18:00
Torino, 1884. Achille Sacchi è un giovane e determinato giornalista al soldo de “La Gazzetta Piemontese” che diventerà negli anni successivi “La Stampa”.
Su ordine del caporedattore, Achille deve produrre un’appendice su Giuseppe Turàt, controverso accademico dell’università sabauda, le cui teorie sulla natura del crimine destano un gran scalpore tra i pensatori del tempo. Scopo del Professore è infatti sconsacrare la teoria biologica del cosiddetto “nato criminale”, con tutte le pseudoscienze che questa dottrina si porta appresso.
Riuscito ad avere udienza con lo studioso, Achille si ritrova ad avere a che fare con un individuo criptico, inusuale nei modi e negli abiti: un dandy tutto d’un pezzo che a seconda delle occasioni può apparire grazioso come un angelo o ammorbante come il demonio.
Nel corso di questi incontri, nel quartiere di Vanchiglia si consuma un crimine cruento. Viene rinvenuto il corpo di una bimba di dieci anni – capelli biondi e occhi cerulei – totalmente sfregiato da tagli e morsi. Due fori precisi e puliti sulla giugulare e un corpo che risulta anemico, privato di un’enorme quantità di sangue. Tra la gente inizia quindi a serpeggiare l’idea che un temibile vampiro si aggiri per le strade di Torino.
Vista la singolarità e la crudeltà dell’assassinio viene istituita, per ordine del Prefetto, una commissione d’indagine composta dai Dottori Lanci e Bonatti, dall’Avvocato Valla, dal Questore Cantagalli e proprio da Turàt in qualità di studioso del crimine. Anche Achille Sacchi, frastornato dalla personalità e dagli ambienti gotici che fanno da sfondo al Professore, ma al contempo mosso da ambizione e curiosità, accetta di seguirlo, documentando minuziosamente le indagini. Osservando che, grazie all’attenta analisi e alla conoscenza dell’animo umano, Turàt si saprà districare con maestria all’interno della società piemontese, dai nobili salotti intrisi di spiritismo agli angoli bui della Torino umbertina di fine secolo. Atmosfere cupe marcate ulteriormente dalla scoperta delle violenze fisiche e psicologiche subite da una donna internata, triste esempio delle vessazioni sessiste e patriarcali tipiche di quel tempo.
Mentre le indagini proseguono il “vampiro” miete un’altra vittima e Turàt inizia a stilare un profilo ben preciso del colpevole, delineandone una personalità approssimativa avente alla base dei crimini commessi il contesto sociale di origine e gli impulsi psicologici. Gli altri membri della commissione, però, dissentono da quelle teorie orientandosi verso un criminale che incarni gli stereotipi razziali a loro contemporanei o insistendo persino sulla natura paranormale dell’assassino.
Molte false piste vengono seguite, altri due delitti vengono consumati e un terzo viene tempestivamente interrotto. Quando tutto sembra perduto e la teoria dell’essere non umano
sembra consolidarsi, Giuseppe Turàt giunge alla soluzione illuminata del caso, grazie a una congeniale trappola organizzata per sorprendere e arrestare il misterioso “vampiro”.
SINOSSI BREVE
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Torino, 1884. Achille Sacchi, giovane giornalista, deve scrivere un ritratto di Giuseppe Turàt, un accademico le cui storie del crimine destano scalpore tra i colleghi. Il Professore è un enigma; dandy ambiguo, ora angelico, ora inquietante. Nel frattempo nel quartiere di Vanchiglia avviene un orrendo delitto: la vittima è un a bambina, segnata da tagli, morsi e da due strani fori sul collo. Tra la gente inizia a serpeggiare l’idea che un vampiro si aggiri per la città, tant’è che il Prefetto istituisce una commissione di specialisti per indagare. Quando tutto sembra perduto, Turàt giunge alla soluzione del caso. Della vicenda i lettori apprenderanno ogni dettaglio grazie agli appunti di lavoro di Sacchi. Intanto, in segreto, si risveglia un movimento di donne decise a lottare per i propri diritti.
UNA REALTA’ ROMANZATA
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Donato Sergi, classe 1991, originario di Barbarano del Capo, un minuscolo paese di meno di mille anime in provincia di Lecce, si è talmente innamorato della città di Torino e dei suoi misteri da decidere di condurre per oltre tre anni studi approfonditi sulla città, alla ricerca dell’ispirazione per un nuovo libro.
“Il Vampiro di Vanchiglia” nasce da un reale fatto di cronaca risalente al 6 gennaio 1857. All’angolo tra via Vanchiglia e via Artisti viene ritrovato il corpo orrendamente martoriato di una bambina di nove anni, Angela Allaria, detta “la figlia del cieco” perché solitamente accompagnava un suonatore di organetto non vedente. La piccola è stata abusata e strangolata. Nonostante l’indignazione popolare l’autore del misfatto non verrà mai scoperto.
L’autore racconta l’origine del testo e i punti cardine della narrazione:
“Il Vampiro di Vanchiglia nasce dall’irresistibile attrazione per il lato oscuro della storia, del mistero e della scienza, intrecciata a un amore profondo per Torino. Città dalle atmosfere gotiche, ricca di vicoli e palazzi che sembrano sospesi nel tempo, elementi perfetti per creare un contesto intrigante e tenebroso; questo mi ha permesso di esplorare i confini tra realtà e superstizione, tra la scienza emergente e l’ignoto.
Achille Sacchi – il narratore – incarna la curiosità e l’ambizione dei giovani intellettuali dell’epoca. Seguendo il professor Giuseppe Turàt, si trova coinvolto in un’indagine che lo porta ad affrontare non solo un crimine terribile, ma anche a confrontarsi con il lato oscuro della natura umana e le pseudoscienze che, in quegli anni, influenzavano profondamente la società.
Lombroso è centrale nella trama, seppur non venga mai nominato. Turàt, infatti, mette in discussione le idee di Lombroso sul “nato criminale”, teoria che influenzò fortemente il pensiero criminologico e sociale del periodo, secondo cui le tendenze criminali possono essere identificate attraverso caratteristiche fisiche. Turàt contesta la teoria, incarnando un approccio più psicologico e analitico. La narrazione esplora inoltre il conflitto tra scienza e superstizione, intrecciando l’ambiente gotico con questioni etiche e filosofiche legate al determinismo e alla libertà individuale.
Ho voluto rendere omaggio al fascino controverso di queste teorie e ai dilemmi morali che sollevano: fino a che punto si può inquadrare la natura umana attraverso la scienza? Il romanzo, nel seguire Sacchi e Turàt per le strade di Torino, intende immergere il lettore in un’atmosfera rarefatta e ambigua, dove lo spettro del vampiro si mescola alla realtà di una città in cui scienza, superstizione e occulto convivono in un equilibrio precario.
Nel contempo i movimenti femministi emergenti si intrecciano al contesto storico e culturale della Torino umbertina, un periodo in cui il ruolo della donna nella società stava subendo importanti trasformazioni. In quegli anni in Italia cominciavano a farsi strada i primi movimenti femministi, ispirati dalle lotte per l’emancipazione che si stavano diffondendo in Europa. La storia riprende questo fermento sociale, mostrando come la questione femminile influisca anche sugli sviluppi delle indagini e sulla visione del crimine.
Le donne nel romanzo non sono infatti solo vittime o figure marginali, ma incarnano una forza sociale in trasformazione, cercando di emergere in un mondo che inizia a discutere, seppure con difficoltà, del loro diritto all’istruzione, al lavoro e alla libertà personale.
Achille Sacchi osserva e interagisce con queste donne emancipate, riportandone i dialoghi e le aspirazioni. Tuttavia le sue percezioni sono inevitabilmente influenzate dalle convenzioni sociali dell’epoca, evidenziando come il mondo maschile fosse spesso incapace di comprendere o accettare il cambiamento.
In questo senso, Il Vampiro di Vanchiglia affronta i movimenti femministi non solo come fenomeno storico, ma come sfida alla scienza positivista che etichettava la donna secondo criteri biologici. Le donne del romanzo diventano simbolo di resistenza e di una nuova consapevolezza, mettendo in discussione i limiti di una scienza che, come il vampiro che tormenta Torino, cerca di intrappolarle in un’immagine rigida e obsoleta.
Con questa opera, spero di far rivivere la Torino di fine Ottocento, un’epoca di fervente evoluzione culturale e scientifica, ma anche di grande paura per ciò che non si può spiegare. In queste pagine, il battito di un’epoca dimenticata torna a pulsare, sussurrandoci i suoi segreti più oscuri, deviati e immortali.
L’AUTORE
Donato Sergi (Barbarano del Capo, 1991), analista amministrativo, articolista e studioso appassionato, ha collezionato nel tempo poesie, storie e racconti.
Tra le sue pubblicazioni: Fenomenologia del suicidio: la questione giapponese tra anomia e fatalismo; Max Weber: il disincanto della modernità; Exemplum ergo sum: la pleonasticità dello Spirito nel reincanto dei social network; Fobopatia: Quel morboso interesse per la devianza.
Dello stesso autore, sotto lo pseudonimo di Nathan Pollack, Il mirabolante viaggio di Martino Balabanoff; Bonaventura e il tacco della morte; Piccioni di tutto il mondo unitevi; Racconti orripilanti e del terrore; Guelfo; L’incresciosa esistenza di Misha Stukovijk; Sussurri: racconti del terrore eterno.
LA CASA EDITRICE
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Il libro è dal 15 ottobre in libreria per la collana Le Dalie Nere – Non solo gialli, diretta da Raffaella Catalano e Giacomo Cacciatore.
ISBN: 979-1254-88-129-3
Prezzo di copertina: euro 18
Ufficio stampa Ianieri Edizioni: Mario Ianieri